Un colloquio, qualsiasi colloquio, come negli schemi delle parole crociate, raggiunge l’apice della definizione quando tutte le cancellazioni, le generalizzazioni e le deformazioni linguistiche, vengono arricchite di significati e le frasi vengono integrate da parti mancanti, da eventi e da processi in atto.
Come nelle parole crociate, il colloquio si esprime con diversi livelli di difficoltà, determinata sia dalle parole scelte, sia dall'ermeticità o dalla genericità delle definizioni usate per descriverle, sia dallo schema relazionale in gioco che può comportare ulteriore complessità.
Il colloquio accompagna il cambiamento di ognuno di noi e si definisce in vari ambiti relazionali come: 1) chiarificazione, 2) consolidamento, 3) guarigione, 4) crescita, 5) illuminazione, 6) modificazione del comportamento, ecc.
Quale che sia il nome dato al fenomeno ‘colloquio’ (coaching, counseling o clinico), quello che dovrebbe accadere in ogni colloquio è l’arricchimento dell’esperienza personale per nuovi modelli di sé, di esperienza del mondo e di intuizioni.
Pertanto, per realizzare un colloquio di qualità, il coach, il counselor o lo psicologo, dovrà scoprire i bisogni del cliente, le sue strategie e ‘come’ desidera agire, cambiare o migliorare.
Affinché un colloquio professionale sia qualitativo e produca opzioni di cambiamento comportamentale, è necessario portare luce nei discorsi, arricchire le percezioni e sperimentare nuove azioni, grazie a particolari tecniche.
Non basta accontentarsi di una risposta generica di: ‘ho paura’, ‘sono spaventato’, questo lavoro non mi interessa’.
Senza forzare o manipolare comportamenti che l’altro non è disposto ad assumere, occorre ‘solo’ far emergere il materiale mancante e muoversi verso una rappresentazione più completa.
Il cruciverba diventa così un modo per dire che il colloquio ha una geometria regolare e occorre stare molto attenti all’altro e a se stessi. |