oggi parliamo di importanti apprendimenti scaturiti da piccole cose quotidiane.
La scusa è la menopausa, con il suo portato di suscettibilità e vulnerabilità, e l’argomento è la gestione delle tensioni che nascono da qualsiasi evento in famiglia e sul lavoro.
Non aver fatto i compiti, non essere tornato in tempo, non aver fatto la cosa giusta, non aver risposto al telefono... etc. La lista sarebbe lunga.
Senza dover entrare nel merito dei motivi legittimi di ogni comportamento e le buone ragioni dei protagonisti, mi soffermo sulla capacità dell’uomo e della donna di riconoscere cosa accade in quei momenti.
E allora la domanda è: ‘quando l’altro agisce in un modo che non ti piace, che giudizio dai a te stesso per le tue reazioni? Puoi farci qualcosa? Puoi reagire meglio? Rabbia e distacco, seguito da un senso di orgoglio ferito, sembrano essere le risposte più immediate.
All’inizio le soluzioni seguono linee interne: ‘penso ad altro’, ‘controllo le mie sensazioni’, ‘cerco di capire il contesto’, ‘mi ricordo di dare il giusto peso alle cose’.
Poi subentrano i comportamenti di ‘vado via’, di litigio diretto, di invito a pagare il conto dei comportamenti inappropriati dell’altro. E quindi rimproveri. Il tutto vissuto in una forma di centratura su di sé, sul proprio essere feriti, giustificati dalle proprie interpretazioni.
E infine, arriva qualcos’altro che dice: ‘forse debbo abbassare la voce’, ‘forse è utile chiedere se l’altro si aspettava qualcosa di diverso’, ‘forse, anzi, certamente, è necessario che mi metta esattamente nella sua prospettiva'.
Accidenti che rinuncia a se stessi, ma che guadagno di prospettiva. Che guadagno dell’altro. E se tutto ciò capita 20 volte al giorno, anche solo riuscire una volta a mettersi nella prospettiva dell’altro diventa un'azione curativa per le proprie ferite in situazioni analoghe. Ne beneficia la coppia, la famiglia e tutte le persone care che sono testimoni dei momenti comunicativi più complessi. |